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Parlatore tardivo o autismo?

L’assenza di linguaggio nel bambino o la produzione di sole pochissime parole, spesso risulta essere un elemento di preoccupazione per molti genitori.

Il confronto con i coetanei, oppure, il ricordo del fratellino o della sorellina che alla sua stessa età diceva molte più parole, portano i genitori a chiedere pareri ad amici, parenti e/o al pediatra di riferimento; questi, spesso in buona fede, suggeriscono di aspettare.

Seppur per la maggior parte delle volte è sufficiente rispettare i tempi dei bambini e creare un ambiente comunicativo stimolante, in una piccola percentuale, invece, il ritardo delle tappe linguistiche risulta essere uno dei campanelli d’allarme per profili di disturbi specifici o di neurodiversità come l’autismo.

Risulta possibile capire se si tratta di un profilo di parlatore tardivo o di autismo?

La diagnosi viene effettuata da professionisti specializzati; tuttavia, il genitore o molto spesso l’educatrice del servizio di prima infanzia, hanno la possibilità di osservare il/la bambino/a per numerose ore al giorno, cogliendone le varie sfumature nelle varie situazioni.

La conoscenza di quelli che vengono definiti i campanelli di allarme, permette loro di individuare precocemente delle difficoltà specifiche e di poterle segnalare precocemente al pediatra di riferimento o ad un professionista del linguaggio.

Campanelli d’allarme:

  • assenza o basso del contatto oculare;
  • assenza o deficit in termini qualitativi nell’intenzionalità comunicativa;
  • mancata risposta se chiamato per nome;
  • anomalia nella risposta ad alcuni rumori;
  • assenza di interazione triadica;
  • numero di parole inferiore a: 15 parole a 18 mesi oppure 50 parole a 24 mesi;
  • “stranezze” nell’esplorazione di ambienti, oggetti e nei movimenti del corpo;
  • assenza o riduzione di azioni di imitazione;
  • difficoltà nel eseguire semplici consegne (prendi le scarpe);
  • difficoltà nell’interazione con adulti e coetanei;
  • difficoltà ad indicare per chiedere un oggetto e per condividere un interesse;
  • difficoltà nell’alternanza del turno;
  • difficoltà nel portare avanti un gioco simbolico.

Se fossero presenti anche solo alcuni di questi campanelli d’allarme, il consiglio è di riferirlo al pediatra di riferimento o al logopedista, il quale dopo un’osservazione, valuterà se necessario far intraprendere alla famiglia un percorso valutativo-diagnostico (presso le strutture specializzate) e se iniziare un percorso abilitativo.

Conoscere e sapere cosa osservare è molto importante perché l’individuazione precoce permetterebbe di sfruttare la grande plasticità cerebrale dei primi anni di vita del bambino ed ottenere migliori risultati.